Nel 1318, Dante termina la Divina Commedia, nella quale allude ripetutamente ai Templari, al loro martirio e alla loro resurrezione. Ad esempio, nel Paradiso (canto XXX), Beatrice, nell'empireo, è contornata e protetta dal "convento de le bianche stole", che non sono altro che i cavalieri del Tempio, riconoscibili per i loro favolosi mantelli bianchi contraddistinti da un croce patente rossa sulla spalla.
Sempre negli ultimi cieli del Paradiso, se Dante sceglie San Bernardo come guida (canto XXXII), è a causa degli stretti rapporti tra l'abate di Clairvaux con l'Ordine del Tempio; in effetti, nel 1128, circa dieci anni dopo la sua fondazione, questo Ordine ricevette la sua regola dal concilio di Troyes, e fu proprio Bernardo che, in qualità di segretario del concilio, ebbe l'incarico di redigerla (completandola definitivamente solo nel 1131).
Successivamente, Bernardo commentò questa regola nel trattato De laude novae militiae, nella quale espose con una magnifica eloquenza i termini della missione e dell'ideale di una cavalleria cristiana, definita "milizia di Dio".
Ritroviamo spesso gli stessi termini negli scritti dei Fedeli d'Amore, di cui Dante era un membro eminente.
Nel Purgatorio (canto XXVII), Dante si ricorda di avere assistito al supplizio di Jacques de Molay e di Geoffroy de Charnay sul patibolo, il 18 marzo 1314, a Parigi: "In su le man commesse mi protesi, guardando il foco e immaginando forte umani corpi già veduti accesi". Questi due alti dignitari dell'Ordine del Tempio, arrestati su ordine del re Filippo il Bello, furono ingiustamente accusati d'eresia dall'Inquisizione del papa Clemente V. Al pari dei Templari, che in questo papa videro l'Anticristo, Dante gli assegna un posto nel suo Inferno (canto XIX): "ché dopo lui verrà di più laida opra, di ver’ ponente, un pastor sanza legge, […] Nuovo Iasón sarà, di cui si legge ne’ Maccabei; e come a quel fu molle suo re, così fia lui chi Francia regge". Ricordando il passaggio biblico del secondo libro dei Maccabei (4:7-9), nel quale viene spiegato in che modo Giasone usurpò il pontificato versando una grossa somma di denaro al re Antioco, Dante allude chiaramente alla maniera in cui Clemente V pervenne al papato, firmando un patto simoniaco con il re di Francia, Filippo il Bello; re che compare dinanzi a Pilato nel Purgatorio (canto XX): "Veggio il novo Pilato sì crudele, che ciò nol sazia, ma sanza decreto portar nel Tempio le cupide vele".
Disseminando le loro opere con simboli esoterici, Dante e i Fedeli d'Amore non fanno altro che richiamare la loro affiliazione allo spirito cavalleresco dell'Ordine del Tempio, che aveva posto la sua soluzione sotto il segno dell'esoterismo, che gli avrebbe consentito d'instaurare relazioni pacifiche con i musulmani.
Ad esempio, Dante si serve del numero 9 come numero sacro, simbolismo della trinità: spirito, anima, corpo, ciascuno dei quali possiede 3 aspetti e 3 principi. Questo numero, molto simbolico anche per i Templari, richiama i 9 fondatori tradizionali dell'Ordine, così come le 9 province del Tempio d'Occidente.
Infine, stimando del tutto indegni i poteri del papa de dell'imperatore, Dante ha sempre sognato di stabilire un terzo potere in Italia, quello della cavalleria, intesa nel suo significato più spirituale. In questo senso, egli fu un templare genuino e coraggioso, e la sua appartenenza alla Fede Santa ed ai Fedeli d'Amore ne è la prova migliore: Questa Fede santa, di cui Dante era un Kadosh, era la fede dei Fedeli d'Amore e, prima di loro, dei Templari. Questa designazione degli iniziati come "Santi", di cui Kadosh è l'equivalente ebraico, può essere compresa perfettamente mediante il significato dei "Cieli", fornita da Dante nella sua Divina Commedia - i 9 "Cieli" sono i livelli della gerarchia iniziatica che conduce alla "Terra Santa" o "Terra dei Santi". Tale definizione può essere avvicinata ad altre denominazioni analoghe, come quelle di "Puri", "Perfetti", "Catari", "Sufi", "Ikhwan-es-Safa", ecc.
Nel museo di Vienna è esposta una medaglia con l'effige di Dante, realizzata da Pisanello, il pittore delle sette virtù. Le medaglie di questo grande artista dovevano assicurare l'immortalità della persona rappresentata; la raffinatezza del ritratto sul diritto esprimeva l'individualità e il carattere del personaggio, mentre l'allegoria sul rovescio nel completa la descrizione morale mediante una rappresentazione emblematica. Sul rovescio della medaglia che rappresenta Dante è possibile leggere una strana sequenza di lettere: "F.S.K.I.P.F.T.". Alcuni pensano che queste iniziali possano riferirsi alle sette virtù care a Pisanello: Fides, Spes, Charitas, Justitia, Prudentia, Fortitudo, Temperantia, malgrado l'anomalia tipografica relativa alla lettera "K" (l'ortografia di Charitas non può essere Karitas in latino); infatti, secondo René Guénon, queste lettere significano "Fidei Sanctae Kadosh Imperialis Principatus Frater Templarius".
Qualificando Dante come Fratello Templare, "Santo" della "Fede", questa medaglia non solo offre una dimostrazione aggiuntiva della stretta relazione che univa Dante ai Templari, ma sottintende anche che i Fedeli d'Amore furono senza dubbio i veri ed i soli guardiani dei valori morali e spirituali dell'Ordine del Tempio, dopo il suo scioglimento ufficiale del 1312.
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