Ernst e Falk - 5° Dialogo Massonico

 

Ernst. — Finalmente sono andati. Che chiacchieroni! E non hai dunque osservato, o non hai voluto osservare, che colui il quale ha un bitorzolo sul mento, comunque egli si chiami, è un Libero Muratore? Egli picchiava cosi spesso!

Falk. — Ho ben sentito. Di più ho notato nelle sue parole, ciò che di certo non sarà sfuggito neanche a te, che egli è uno di coloro i quali combattono in Europa per gli Americani.

E. — Questo, in lui, non era il peggio.

F. — Ed ha la fantasia che il Congresso sia una Loggia, e che laggiù finalmente i Liberi Muratori fonderanno il loro impero a mano armata.

E. — E vi possono ancora essere di cotali visionari?

F. — Ve ne devono ben essere.

E. — E da dove trai tu questa opinione?

F. — Da un aspetto che tu pure una volta riconoscerai.

E. — Perbacco, se io sapessi d'essermi così ingannato sui Liberi Muratori!

F. — Non aver timore. Il Libero Muratore aspetta tranquillamente il sorgere del sole, e lascia ardere i lumi. Spengere i lumi, e quando sono spenti, osservare dapprima che i moccoli siano riaccesi, e poi come si debbano piantare altri nuovi lumi: questa non è opera da Libero Muratore.

E. — Anch'io pensavo così: quello che costa sangue non merita sangue.

F. — Benissimo! Ora chiedi quel che vuoi; io devo risponderti.

E. — Le mie domande non avranno fine.

F. — Ma tu non puoi trovarne il principio.

E. — Ti capii, sì o no, quando fummo interrotti? Ti contraddicevi, sì o no? Poiché certamente, quando mi dicesti una volta che la Libera Muratoria è sempre stata, io compresi che non soltanto la sua indole, ma altresì la sua attuale costituzione derivasse da tempo immemorabile.

F. — E se tutt'e due avessero qualità identiche! Per la sua natura la Libera Muratoria è così antica come la società civile. L'una e l'altra non possono nascere fuorché aiutandosi scambievolmente; anche se la società civile non sia un portato della Libera Muratoria. Così la fiamma nel fuoco della lente è ancora un raggio di sole.

E. — Anch'io la capisco così...

F. — Ma che siano madre e figlia, o sorella e sorella, sempre nell'alterna loro fortuna hanno cooperato l'una per l'altra. Dovunque vi fosse la società civile, ivi trovavasi anche la Libera Muratoria, e viceversa. E fu sempre il più sicuro contrassegno di uno Stato florido e robusto il vedergli comparire accanto la Libera Muratoria, come è segno infallibile di uno stato debole e pauroso il non tollerare apertamente ciò che esso deve tollerare in segreto, volente o nolente.

E. — Cioè la Libera Muratoria!

F. — Certamente! Perché essa non è fondata sopra legami esteriori, i quali negli ordini civili si allentano troppo facilmente; ma sul sentimento comune delle anime richiamate da mutua simpatia.

E. — E chi oserà di comandar loro?

F. — Intanto però la Libera Muratoria ha dovuto sempre e in ogni luogo stringersi e appoggiarsi alla società civile, perché questa fu sempre la più forte. E non ha potuto astenersi dall'assumere forme altrettanto diverse, quanto lo furono quelle della società civile. Solamente, come è naturale, ogni nuova forma prendeva il suo nuovo nome. Come puoi credere che il nome della Libera Muratoria sia più antico di quella dominante maniera di pensare degli Stati, che l'avea con tanta cura suscitata e prodotta?

E. — E qual'è questa dominante maniera di pensare?

F. — Ciò è riservato alla tua propria ricerca; e basti se io ti dico che il nome di Libero Muratore, per indicare un anello della catena della nostra misteriosa Fratellanza, non fu mai udito prima del cominciare del volgente secolo. Per certo prima di questo tempo non si trova in alcun libro stampato; e sarei curioso di conoscere chi potesse mostrarmelo in un documento scritto più antico.

E. — Vuoi dire il nome tedesco?

F. — No, no; neppure l'originario Free-Mason, né tutte le altre versioni foggiatevi sopra in qualsiasi lingua.

E. — Neppure! Pensaci su; in nessun libro stampato prima del principio del volgente secolo? In nessuno?

F. — In nessuno.

E. — Tuttavia io stesso ho...

F. — Come? Anche a te volò negli occhi qualche cosa della polvere che non si cessa ancora di spandere intorno?

E. — Eppure la situazione in...

F. — In Londinopoli, non è vero? Polvere!

E. — E gli atti del Parlamento sotto Enrico VI?

F. — Polvere!

E. — E i grandi privilegi che Carlo XI re di Svezia accordò alla Loggia di Gottemburg?

F. — Polvere!

E. — E Locke?

F. — Qual Locke?

E. — Il filosofo: e la sua lettera al Conte di Pembroke, e le sue note alla relazione di un'udienza scritta di mano propria da Enrico VI? 

F. — Questo ha ben da essere un trovato del tutto nuovo. Non lo conosco; ma, c'entra Enrico VI? Polvere! null'altro che polvere!

E. — Ma, no!

F. — Conosci tu un nome più mite per falsificazioni e documenti apocrifi?

E. — E avrebbero osato impunemente di sottoporli così a lungo agli occhi del mondo?

F. — Perché no? I sapienti sono troppo scarsi di numero per poter contraddire tutte le corbellerie, subito dopo sciorinate. È già molto che non vi sia per ciò alcuna prescrizione. Certo sarebbe meglio che nessuna balordaggine né punto, né poco, pigliasse voga nel pubblico; ma il male sta appunto in ciò che nessuno vuol prendersi la briga di combatterle: onde, coll'andar del tempo, acquistano l'autorità di cose serissime e santissime. E si dice poi fra qualche migliaio d'anni: «Avrebbero dunque osato di scrivere cotesto in cospetto del mondo, se non fosse stato vero? Nessuno ha mai contraddetto quegli uomini degni di fede; e voi venite ora a smentirli?».

E. — Oh storia, oh, storia, che se' tu mai?

F. — Che una pallida rapsodia di Anderson, in cui la storia dell'architettura vien presa per la storia dell'Ordine, passi pure! Per una volta, e per allora, poté esser bene; tanto era palpabile la gherminella! Ma che anche oggi si seguiti a fabbricare sopra queste pantanose fondamenta; che tuttavia si asseveri per le stampe ciò che ci si vergognerebbe di sostenere a voce con un uomo serio; che per continuare uno scherzo, il quale da lungo tempo avrebbe dovuto cessare, si permetta una forgery, per la quale, se essa riguardasse un interesse civile, si rizzerebbe la pillory... (1).

E. — Ma se fosse vero che ciò fosse più di un bisticcio? Se fosse vero che il segreto dell'Ordine venisse conservato ab antico principalmente sotto il mestiere del Libero Muratore?

F. — Se fosse vero?

E. — E perché non dovrebbe esser vero? Giacché, come mai un tempo l'Ordine si risolse di prendere in prestito per l'appunto i simboli di questo mestiere? Proprio di questo? E perché di nessun'altro?

F. — La domanda è del tutto suggestiva.

E. — Una circostanza siffatta non deve avere, dunque, una cagione?

F. — E l'ha.

E. — E l'ha? ed è una cagione diversa da quella supposta?

F. — Affatto diversa.

E. — Debbo io indovinare, od oserò interrogare?

F. — Se tu m'avessi fatto di già, un'altra domanda, che mi aspettavo da lungo tempo, ora non ti riuscirebbe difficile d'indovinare.

E. — Un'altra domanda che tu aspettavi da lungo tempo?

F. — Quando ti dicevo che quello che è la Libera Muratoria, non sempre si chiamò così, era più naturale e più vicino...

E. — Di domandare come si chiamasse prima? Va benissimo! Dunque te lo domando ora.

F. — Tu mi chiedi come si chiamasse la Libera Muratoria prima di chiamarsi così? Sì chiamava Masoney.

E. — Oh sì certo! in inglese Masonry...

F. — In inglese Masony, non Masonry. Non da Mason, muratore, ma da Mase, mensa, tavola.

E. — Mase, tavola? Ti prego, in quale lingua?

F. — Nella lingua degli Anglo-sassoni e non solo in questa, ma anche in quella dei Goti e dei Franchi; per conseguenza è parola originaria tedesca, di cui ci rimangono anche ora, o ci rimanevano fino a poco fa, cosi svariate derivazioni. Anche Masoney ai tempi di Lutero fu d'uso frequente, e soltanto il senso ne era assai peggiorato.

E. — Io ignoro il suo senso buono e quello peggiorato.

F. — Non ignori però il costume dei nostri antenati di ragionare a tavola delle cose più importanti. Onde Mase, tavola, e Masoney, una intima società di commensali. E perché da una intima e famigliare società di commensali nasce un baccanale, puoi facilmente scoprire in qual senso Agricola usi la parola Masoney.

E. — Fra qualche tempo sarà avvenuto di meglio al nome di Loggia?

F. — Ma per lo innanzi, prima che i Masoneyen degenerassero tanto e scadessero nella buona opinione del pubblico, essi erano saliti in assai gran credito. Non v'era corte in Germania, grande o piccola, che non avesse la sua Masoney. I vecchi libri di canzoni e di storia ne fanno fede. Gli edifici medesimi, i quali erano annessi o confinanti coi castelli e i palazzi dei signori che tenevano il governo, assumevano la loro denominazione, di cui, nei tempi più recenti, si hanno tante infondate interpretazioni. E che altro ho bisogno di dirti a sua gloria, se non che la società della Tavola Rotonda fu la prima e la più vecchia Masoney, dalla quale derivarono tutte le altre?

E. — La Tavola Rotonda? Cotesto rimonta ad un'antichità assai favolosa.

F. — Sia pur favolosa, quanto si voglia, la storia del re Arturo; ma non è favolosa la Tavola Rotonda.

E. — Però Arturo deve essere stato il fondatore di essa.

F. — Niente affatto! E nemmeno della favola che ne seguì; Arturo e suo padre l'avevano ricevuta dagli Anglo-sassoni, come già il nome di Masoney lascia supporre. E ciò si comprenderà tanto meglio, quando si pensi che gli Anglo-sassoni non portarono di qui in Inghilterra nessuna usanza che non lasciassero dietro di sé nella loro patria! Si osserva altresì in molte popolazioni tedesche di quel tempo che era una loro tendenza di formare società più intime e ristrette nel seno ed accanto alle grandi società civili.

E. — Che cosa intendi con ciò?

F. — Tutto quello che ti dico è solo di sfuggita, e forse con precisione non sufficiente, ma appena che io mi trovi in città con te, fra i miei libri, mi obbligo di provartelo, nero su bianco; ora soltanto dammi ascolto, come si fa per avventura alla prima voce d'un grande avvenimento, la quale stuzzica la curiosità più che non l'appaghi.

E. — Dove eri rimasto?

F. — La Masoney adunque era un'usanza tedesca, che i sassoni trapiantarono in Inghilterra. I dotti sono dissenzienti nel credere che vi fossero tra essi i Mase-Thonas — i nobili, a quanto pare, della Masoney — la quale piantò così profonde radici in questo nuovo terreno che in tutti i successivi mutamenti di Stato, crebbe e di mano in mano fiorì sempre più splendidamente. I Masoneyen di ***, in particolare, furono nel duodecimo e nel decimoterzo secolo in assai grande reputazione. E fu una Masoney di ***, ostinata malgrado l'annientamento dell'Ordine, che si mantenne nel mezzo di Londra, fino alla fine del secolo decimosettimo; e qui comincia il tempo in cui mancano sul serio le notizie della storia scritta; ma una tradizione accuratamente conservata e che ha tanto carattere di verità, è lì pronta per sopperire a codesta mancanza.

E. — E che cosa impedisce a questa tradizione di sollevarsi una volta finalmente, mediante la scrittura, alla dignità della storia?

F. — Che cosa impedisce? Nulla, Tutto invece consiglia a ciò; io almeno sento di essere autorizzato, anzi costretto a non farne più a lungo un mistero, né a te, né a tutti gli altri che si trovano in simili condizioni.

E. — Or dunque! Io sono nella più grande aspettazione.

F. — Adunque quella Masoney di *** che sussisteva in Londra, ma del tutto nascosta, solo alla fine del secolo precedente, aveva la sua casa per le radunanze poco distante dalla chiesa di San Paolo, la quale veniva a quel tempo riedificata. L'architetto di questa, che è la seconda chiesa di tutto il mondo, fu...

E. — Cristoforo Wren....

F. — Ed hai conosciuto il creatore di tutta la Libera Muratoria moderna....

E. — Lui?

F. — In breve! Wren, l'architetto della chiesa di San Paolo, nelle cui vicinanze una antichissima Masoney si radunava da tempo immemorabile, era un membro di questa e vi andava assai spesso nei trent'anni che durò la fabbrica.

E. — Incomincio a fiutare un equivoco.

F. — E null'altro! La vera derivazione della parola Masoney era stata dal popolo inglese dimenticata e perduta; ed una Masoney, posta in prossimità d'una fabbrica così importante, dove il maestro dell'edifizio si trovava assai di frequente, che altro poteva essere se non una Masoney, cioè una società d'intelligenti architetti, coi quali Wren studiasse le eventuali difficoltà?

E. — Codesto è assai naturale!

F. — La continuazione della fabbrica di una tal chiesa teneva intenta tutta Londra. Ad averne notizie di prima mano, ognuno che presumesse sapere un po' d'architettura, si dava da fare per ottenere accesso nella supposta Masoney, e si dava da fare invano. Infine, tu non conosci Wren soltanto di nome, e sai bene che operoso ed inventivo ingegno egli fosse. Già in altro tempo egli si era accinto a formare una società scientifica la quale si proponesse di rendere più generalmente utili le verità speculative e di far maggiormente prosperare la società civile. D'un tratto gli venne in mente l'archetipo d'una società che si sollevasse dalla pratica della società civile alla speculazione. «Nell'una — egli pensò — si ricercherebbe ciò che fosse bene tra i veri, nell'altra ciò che fosse vero tra i beni. Che avverrebbe, se io rendessi esoterica qualche massima della Masoney? E che, se occultassi sotto i simboli e i geroglifici dell'arte nostra ciò che non si può rendere esoterico quanto oggi viene compreso nella parola di Masonry, si ampliasse in una Free-Masonry, della quale molti potessero far parte?». Così pensò Wren, e la Libera Muratoria fu, Ernst! Che te ne pare?

E. — Sono un uomo abbagliato.

F. — Hai ricevuto, dunque, un po' di luce?

E. — Un poco? Anche troppa per una volta.

F. — Capisci ora?

E. — Non più, te ne prego, amico! Ma non hai nessun affare che ti chiami in città?

F. — Vorresti che fossi là?

E. — Se lo vorrei? Dopo quel che m'hai promesso...

F. — Cosi, io avrò là abbastanza da fare per un'altra volta! Fidandomi troppo sulla mia incerta memoria, dubito di aver detto più cose in modo non del tutto soddisfacente; ma tra i miei libri riuscirai a vedere e a toccare. Il sole tramonta, e tu devi andare in città. Addio!

E. — Un altro sole spuntò per me. Addio.

Un sesto dialogò che intervenne tra i due amici non è ugualmente possibile di riferire. Ma ne formano la sostanza osservazioni critiche sopra il quinto dialogo, le quali non sono ancora mature.

 

 

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